L’importanza del destinatario
Vediamo adesso di analizzare meglio il nostro problema da un punto
di vista più speculativo.
Perché parliamo in pubblico? Per proporre o illustrare qualcosa, per
informare qualcuno, per spronare i nostri collaboratori, per creare
un buon clima di lavoro, per contestare l’operato degli altri, per
difendere il nostro, per rafforzare la nostra posizione. Quando
parliamo in pubblico lo facciamo sempre per i nostri interessi, col
fine di conquistare l’uditorio e trascinarlo dalla nostra parte.
Quindi, in definitiva, l’arte di parlare in pubblico è l’arte della
persuasione. Ora badate, non si può persuadere il pubblico col vuoto
esercizio stilistico, né col plagio, né tantomeno cercando di
strappare l’applauso. Persuadere significa portare gli altri verso
le nostre posizioni, nel nostro mondo, e per fare questo bisogna
conoscere come già detto, le caratteristiche del proprio target.
Riepilogando: prima di iniziare il discorso ponetevi sempre le
seguenti domande:
- A chi sto parlando?
- In che contesto sto parlando?
- Con quale obiettivo sto parlando?
La risposta alla prima domanda vi aiuterà a “disegnare” meglio il
vostro pubblico: è già noto? È vostro alleato? È Ostile? È
Indifferente? La risposta alla seconda domanda metterà a fuoco
il contesto in cui stiamo esponendo i nostri argomenti: è una
comunicazione orizzontale o verticale? Operiamo in un sistema
gerarchico?
La terza risposta dovrebbe circostanziare in modo definitivo la
pianificazione della vostra performance: Quale è il mio
obiettivo? Che cosa voglio ottenere dal pubblico col mio discorso?
Poniamo che sia un politico a dissertare che abbia già le idee
piuttosto chiare in merito alle prime due domande ed osserviamo con
quale obiettivo il nostro oratore parla al pubblico:
1.
Sostiene le opinioni più comuni, quelle cioè della
maggioranza?
2.
Sostiene una delle varie opinioni del pubblico in sala?
3.
Sostiene nuove opinioni per conquistare quanta più parte del
pubblico sia possibile?
Una volta a conoscenza del “destinatario” e del “contesto”
riflettere ulteriormente sull’obiettivo porrà il nostro oratore in
grado di operare scelte in merito alle strategie che riterrà
opportune e che risultano più funzionali ai suoi interessi. Se
deciderà di sostenere le idee più comuni avrà dalla sua la maggior
parte del pubblico! Ma è del tutto opportuno sostenere soltanto le
idee più comuni senza considerare con attenzione le altre posizioni?
Oppure, visto che le opinioni comuni sono già consolidate, sarà
meglio sostenere nuove opinioni nel tentativo di portare dalla sua
parte sia la maggioranza che “gli indipendenti?” Insomma, quello che
è importante è comprendere il profilo del nostro pubblico, perché
conoscendolo potrete essere efficacemente persuasivi.
Per persuadere, inoltre, è sempre necessario offrire vantaggi.
Bisogna mostrare a chi vi ascolta che ha una contropartita
allettante. Quindi, in ordine al vostro obiettivo e alla conoscenza
del vostro destinatario, durante la vostra esposizione non mancate
di elencare i vantaggi che deriverebbero da una adesione alle vostre
istanze. Aristotele sosteneva che la retorica è l’arte con la quale
si creano, si rinforzano, si modificano, si mettono in discussione
le opinioni. Le opinioni sono sempre opinabili perché non si possono
dimostrare ma solo sostenere, criticare o smontare. Le opinioni in
fondo rappresentano sempre i nostri interessi. In definitiva,
quindi, la retorica è la facoltà di scoprire in ogni argomento ciò
che è in grado di persuadere, ovvero l’arte di fare i nostri
interessi attraverso la parola.
Proprio al fine di promuovere le proprie opinioni, si ricorre alla
persuasione, che, in qualche modo, è sempre manipolatoria. L’oratore
è dunque un manipolatore? Lo è nella misura in cui riesce ad
influenzare le opinioni altrui e a portarle verso le sue posizioni
mediante l’argomentazione.
A
questo punto qualcuno di voi potrebbe sollevare un’obiezione: ma se
un oratore deve illustrare, poniamo, il risultato di una ricerca,
tenere una lezione di storia o esporre il funzionamento meccanico di
una macchina complessa, che bisogno ha di manipolare? Infatti, non
ne ha, perché in questo caso entriamo nella sfera dell’insegnamento
la cui scienza non è la retorica ma la didattica. |